Mi presento, 31 anni, fino a non
molto tempo fa ragazza comune, oggi sognatrice che ci prova, ma ci prova sul
serio a realizzare i suoi sogni.
Ho lavorato per una decina d'anni in un
ufficio, vita ordinaria, amici, famiglia, serate nei locali, palestra.
Poi un giorno un paio di anni fa mi sono
svegliata, mi sono guardata indietro, ho guardato il mio ieri, ho guardato il
mio oggi, ho guardato il mio domani e no, quella non era affatto la vita che
volevo, che sognavo per me quando ero bambina e ancora nulla sapevo.
Da bimba sogni, poi diventi adulta e
tutti, tutti quelli che dovrebbero renderti una persona migliore e utile alla
crescita di questo nostro mondo, ti riempiono la testa di tante bugie, di tante
paure per farti rimanere invece incatenata ai loro schemi, per farti
dimenticare, seppellire, spegnere i tuoi talenti che ti rendevano tanto
speciale, almeno per te stessa. Addirittura non ti permettono nemmeno di
scoprire quali siano, perché tutto nella nostra società è strutturato in modo
che ogni cosa si sussegua senza darti il tempo di pensare, di sperimentare. E
nei vuoti ci sono i loro messaggi che ti dicono di lasciare stare, che se ti
senti diversa e speciale non ti preoccupare non è grave ti passerà.
E invece no, io sono fermamente convinta
che le peculiarità, i talenti, siano doni e che ognuno dovrebbe svilupparli,
accrescerli e metterli al servizio degli altri, perché solo seguendo la nostra
tensione interiore possiamo essere felici e solo se siamo felici possiamo
contagiare chi ci sta vicino.
Così ecco che un giorno ho detto basta
anche se non avevo di certo le spalle coperte da una famiglia agiata.
Per poter lasciare l'ufficio ed avere
qualcosa di diverso in mano che non mi rispedisse in un altro ufficio, ho
iniziato a fare corsi di massaggi e dopo un anno mi sono licenziata e sono
partita per i tre mesi più belli della mia vita, un viaggio in solitario in
Thailandia e India, per fare corsi di massaggi ma soprattutto vivere.
Così io, una ragazza comune che fino a
poco tempo prima aveva paura anche solo di alzare lo sguardo dalle proprie
scarpe, ho lasciato tutte le mie certezze per terre per me del tutto
sconosciute e per un futuro ancora più ignoto. Il momento più bello della mia
vita!!! All'idea provo ancora la stessa emozione, la stessa adrenalina.
"E quel giorno mi sono chiesta: Se
la mia vita fosse un libro o un film, qualcuno avrebbe voglia di leggerla o
vederla? E la risposta è stata no, perché io stessa non ne avrei voglia. Che
amarezza. Da quel momento ho deciso che avrei fatto di tutto e di più per
vivere quella vita che vorrei leggere in un libro, vivere la mia vita come il
preferito tra i miei film".
Questo scrivevo nel diario dalla
Thailandia. Ora sogno di poter viaggiare e scrivere e raccontare, poter dare
sfondi diversi alle pagine del mio libro, della mia vita e anche se tutti mi
dicono che i sogni non si realizzano, sono fiduciosa che l'esistenza ci aiuti
quando davvero vogliamo renderle onore assaporandola in profondità.
Non so da dove cominciare per realizzare
questa aspirazione di Ricercatrice di Sogni e parole, né tanto meno so verso
quale nuovo viaggio mi porteranno queste righe, oggi l'unica cosa che so di me
stessa è questo:
Io ho un Sogno.
Diario di viaggio inviato via e-mail agli amici
Chiang Mai, 12 Gennaio
Il viaggio continua, volevo scrivere un
diario di viaggio per me stessa, ma in fondo le cose non esistono se non ci
sono testimoni, per cui voi sarete i testimoni del mio viaggio, se avrete
voglia leggerete, altrimenti saprete comunque che sono viva e che se scrivo sto
bene.
È stata una settimana senza sosta.
Abbiamo lasciato il caos di Bangkok l'8, parlo al plurale perché come da
programma ho incontrato il perugino conosciuto su internet e mio compagno di
viaggio per alcuni giorni. Davvero una persona d'oro che si va ad aggiungere
alla lista già piuttosto lunga.
Da Bangkok abbiamo preso il treno fino a
Phitsanulok, una cittadina pochissimo turistica e per questo deliziosa. La
caoticità della metropoli è già dimenticata per fortuna. Da qui abbiamo preso
il bus per visitare Sukothai, vecchia capitale imperiale, con templi
bellissimi.
Viaggiare con i mezzi è qualcosa di
indescrivibile, sei ore di treno nel vagone accanto a quello dei monaci, con
personaggi che passavano con cesti pieni dei cibi più assurdi.
Non è di certo come viaggiare con
l'aereo, dal finestrino aperto arriva vita di ogni genere. Giardini curatissimi
e casupole che sembrano in attesa di quel soffio che le faccia finalmente
cadere, pianure, distese interminabili di risaie, natura così rigogliosa da
essere già quasi giungla, fuliggine dei fuochi accesi dai contadini.
Tutto ti arriva in faccia ed è vero, non
è un film, non sono solo immagini, ne senti gli odori, i rumori.
Ci sono realtà ed esperienze così forti
da arrivarti addosso come un muro di cemento armato, altre come un muro d'acqua
ed altre ancora come un brodo caldo e questa è la mia Thailandia.
Mi sto immergendo piano piano senza
rendermene conto. Niente di violento, solo questo tepore liquido che ti
avvolge, ti culla, ti scalda e all'improvviso tutto diventa familiare tanto da
non chiederti più nulla. I templi al posto delle chiese, gli occhi a mandorla,
le bancarelle che cucinano fritti di ogni genere ad ogni ora del giorno e della
notte, la cantilena della persone thai che sembra il lagnarsi di un bimbo
scontento ma che poi ti guarda in faccia e sorride.
I vecchi hanno i visi completamente
segnati da rughe, solchi profondi. Ma quando sorridono capisci perché, il
sorriso riapre ciascuna di quelle rughe e ti rendi conto che sono i segni di
una vita di sorrisi e non quelle rughe verticali che abbiamo noi, dopo una vita
di dubbi e crucci.
Ed ora eccomi qua, a Chiang mai, altre
sette ore di treno, un gioiello. Siamo arrivati un paio di giorni fa e me ne
sono già innamorata, chi c'è stato può capirmi.
La temperatura è perfetta, saremo sui
ventisei gradi ma secco, ho trovato una Guest House a 3,00 euro per notte, con
tanto di piscina dove oggi ho passato alcune ore a poltrire e a chiacchierare
con gli altri clienti, tutti giovani, da ogni parte del mondo.
Niente a che vedere con i mega resort
turistici, ma qualcosa di grazioso, semplice, complice. Il perugino è ripartito
per il nord, ma qui l'ultimo dei problemi è conoscere gente.
Viaggiare da soli ti mette davvero
davanti a quello che ti meriti, a quello che ti spetta. Quando si è in due, nel
viaggio come nella vita, non puoi mai sapere se quello di positivo o negativo
che ti capita, è qualcosa di tuo o dell'altra persona. Ci sono storie fortunate
altre no, e quando le persone si dividono, improvvisamente ad una delle due
capita magari di avere solo sfortune o solo fortune e così si scopre che quello
che stava vivendo non era la sua vita, non erano i suoi debiti o crediti, ma
quelli dell'altro.
Quando si viaggia da soli, sei solo tu e
quello che fai, capisci davvero quello che ti spetta, quello che hai seminato e
di cui ora raccogli i frutti. Ti metti in gioco, non hai né il paracadute né il
macigno di qualcun altro, non è fantastico?! Per usare un termine ormai molto
inflazionato: Sei stato nominato! Ed ora vediamo che succede.
G.
Chiang Mai, 16 Gennaio
Primo giorno di corso di massaggio
thailandese, siamo tantissimi, più di venti ragazzi che arrivano da tutto il
mondo. Oltre a me c'è solo un italiano, con i lineamenti orientali e una folta
chioma di ricci neri che sfidano la forza di gravità, che scopro essere della
mia regione.
Come nel corso di Ayurveda in Italia,
anche qui tutti abbiamo sguardi curiosi, ci studiamo l'un l'altro, i nostri
visi sono molto diversi tra loro, europei, cinesi, giapponesi, australiani,
messicani, americani.
Gli occhi sono però molto più sereni,
sono gli occhi di chi è in viaggio, lontano dalla propria vita, dai propri
problemi, qui non c'è spazio per il passato.
Quando si cambia così tanto realtà, la mente
non trova àncore a cui aggrapparsi per riportarti nei soliti turbamenti. Certo
il passato è ancora lì da qualche parte e probabilmente sta aspettando pronto e
vigile che tu metta piede fuori dall'aereo del ritorno, ma qui è lontano. Qui
tutto è possibile, anche inventarsi una vita nuova, anche ricordare un passato
diverso se si vuole, perché non c'è nessuno a puntualizzare che non è vero e
quindi quello a cui vuoi credere diventa reale.
Quello a cui vuoi credere diventa reale
Il passato è così, è reale perché noi lo
ricordiamo, ad ogni passo lo riconfermiamo e così facendo quel passato diventa
anche il nostro futuro, perché sembra impossibile poter essere diversi da come
siamo.
Ma nel viaggio si è liberi.
Da soli, lontani da casa, lontani dalla
maschera che siamo abituati ad indossare e dalle persone che ogni giorno si
assicurano che sia sempre al suo posto, possiamo imparare chi veramente siamo.
Possiamo scrollarci di dosso i limiti che ci siamo imposti ed oltre ai quali
non ci consentivamo di andare, perché nessuno se lo aspettava e quindi era
anche per noi normale pensare che non ce la potessimo fare.
In viaggio ognuno è libero di
reinventarsi, di scoprirsi. Il debole può essere leader e per tutti è come se
lo fosse sempre stato, la ragazza insicura può essere affascinante e per tutti
sarà sempre stata quello, il ragazzo per bene può essere scapestrato e nessuno
rimane deluso. Tutti vengono accettati per quello che sono e per quello che
danno o non danno e nessuno si aspetta niente, nessuno rinfaccia alcunché.
Ecco perché il viaggio è libertà, perché
si è uguali anche se diversi e si è liberi di non essere uguali. Ma soprattutto
liberi di essere diversi da se stessi.
E si, perché la verità è che non sono
gli altri che rendono la nostra vita difficile, che ci privano della gioia, che
ci tarpano le ali. Meno male che ci sono gli altri, sennò quale alibi potremmo
trovarci per la nostra scelta di rimanere attaccati al dolore?
Perché il punto è proprio questo, noi
siamo dipendenti dal dolore, è l'unica certezza che abbiamo, rimaniamo
attaccati alla sofferenza con le unghie e con i denti.
Se gli altri hanno una colpa, è solo
quella di consentirci di credere che la vita sia dura.
Se è vero che Dio si cela in ogni cosa,
in ogni volto, allora Dio ci ama proprio tanto, così tanto che se gli chiediamo
di trovarci un colpevole lui ce ne trova cento, che ci dimostrino che abbiamo
ragione. Ne trova cento che ci trattino come scarpe vecchie, che ci tradiscano,
che ci mentano, che ci abbandonino. E lo fa perché noi, guardandoci indietro,
mai dovremo pensare di aver sbagliato, mai dovremo sentire che è stata colpa
nostra se abbiamo incrociato nel nostro cammino persone così vigliacche.
E si, Dio di sicuro ci ama fino al punto
di darci sempre quello che chiediamo, dei colpevoli.
G.
Chiang Mai, 22 Gennaio
Ci sono alcune cose di quel poco di
Thailandia che ho visto, piccole cose, che temo di dimenticare un giorno e ho
così deciso di annotarle. Sono quelle piccole immagini che si ripetono e che in
qualche modo riempiono i vuoti, i buchi tra un pensiero e l'altro mentre si
cammina per strada.
Prima fra tutte, la miriade di piccoli
cani e gatti che popolano le strade, i giardini dei templi e delle case, decine
e decine, tutti di razze non definite, tutti un po' simili tra loro senza
un'identità. In un certo senso rispecchiano l'immagine che noi occidentali possiamo
avere dei popoli asiatici, che avendo tutti colori e caratteristiche molto
simili, guardandoli in una folla non è semplice distinguerne l'individualità.
E così questo popolo di piccoli animali
coesiste con le persone, ne accompagna le giornate, si stiracchia al sole,
corre, gioca e si riposa, senza che la vita lo scomponga, senza pensare forse
di avere un dovere, solo rimanere lì, a riempire i vuoti.
Altra cosa che mi ha colpito è che nelle
vecchie botteghe, per strada, nelle Guest House, si vedono spesso oggetti
antichi o anche solo vecchi, collezionati in anni di vita o forse in anni di
sogni. Come se la Thailandia avesse di sé una memoria molto antica e temesse di
perderla e così, giorno dopo giorno, oggetto dopo oggetto, si stringe attorno
il suo passato. Questi posti diventano quasi un buco nel tempo, come il
barbiere dove il perugino voleva farsi spuntare i capelli e ne è uscito
completamente rasato e sbarbato, comprese orecchie, naso e occhi. Oppure la
Guest House a Pitsanulok, o vecchie botteghe per strada nelle quali non si
capisce bene cosa vendano, forse solo ricordi.
Forse sono i ricordi di una Thailandia
fiera di se stessa, prima che iniziasse il turismo del sesso. E che vuole
ricordare al mondo quanto di più possieda, lucidando i propri trofei, i propri
sguardi e i propri sorrisi, in attesa che arrivi il momento per mostrarli al
mondo, quando finalmente avrà voglia di vederli... i sorrisi.
Le ragazze thai, molte almeno, hanno
l'apparecchio ai denti, forse anche loro si preparano ad una nuova immagine per
quando i riflettori saranno puntati sulla vecchia nuova Thailandia.
Le ragazze thai hanno quasi tutte un
corpo sottile, senza curve, bellissimi capelli neri e lucenti, indossano la
minigonna e, se sui motorini siedono dietro, tengono le gambe dallo stesso
lato. Come forse facevano le nostre nonne quando andavano sulle lambrette dei
loro fidanzati. E le vedi passare, appoggiate come bamboline, con i piedi
ciondoloni stretti dentro alle scarpette tipo ballerina di quando eravamo
piccoli noi. Non si tengono e quando il motorino frena si spostano di poco, i
capelli nemmeno si muovono, perfette, composte, delicate, pallide.
Molte donne camminano con il parasole,
mai visto niente di più assurdo e aggraziato nel contempo.
Questa Thailandia sta davvero cambiando
faccia, o meglio, riesce finalmente a mostrare quanto di più bello abbia, la
sua natura rigogliosa, le sue tradizioni, i suoi animali. E così anche il nuovo
popolo di turisti è arrivato, come una razza di nuovi eletti, belli, alti,
biondi e forti. Uomini e donne, tutti così perfettamente trasandati da sembrare
appena usciti da una rivista per sport estremi, dove per avere quell'immagine
selvaggia i modelli stanno al trucco per ore.
Qualche sera fa ho seguito un corso di
cucina thailandese, gli unici due studenti eravamo io e un ragazzo israeliano,
uno chef che studia psicologia e così i discorsi si sono sciolti e mescolati
tra la valutazione della psiche umana e dei vari tipi di zenzero. Una sorta di
cucina zen insomma, e qui è normale così.
La scuola era praticamente in mezzo alla
giungla, con animali e insetti di ogni tipo e non era facile stabilire chi alla
fine avrebbe mangiato chi. E qui è normale così.
La nostra insegnante, una bellissima
ragazza thai, ci ha spiegato le varie ricette e le incomprensibili (per me)
spezie in un perfetto inglese. Ci ha detto che vorrebbe andare all'estero, ma
che quando una bella ragazza thai cerca lavoro fuori si aspettano che possa
fare un lavoro solo, non è il caso che stia a spiegare quale e purtroppo qui e
fuori è normale così.
Già da una settimana sto facendo il
corso di massaggio thailandese tradizionale (di cui potrete godere al mio
ritorno), classe numerosa, più di venti anime da tutto il mondo, quasi tutti
venuti da soli e quindi molto naturalmente siamo diventati una famiglia.
Dopo la scuola si esce in tre o quattro
e poi per le strade o nei bar, magicamente ci incontriamo tutti. Come nel
pifferaio magico, come gocce di mercurio in uno scivolo, ci riuniamo per
giocare di sera nel bar sul tetto, come giochiamo di giorno in classe. Seduti
sui tappeti con piedi ed anime nudi, a raccontarci in tutte le lingue del mondo
quello che, a volte a casa, non riuscivi nemmeno a spiegare con la tua.
Mi torna spesso in mente Londra, dieci
anni fa, quando studentessa come di nuovo ora, era normale tradurre qualunque
lingua, tanto si era ormai abituati a decifrare ogni singola piega del viso,
ogni espressione degli occhi, ogni gioco di mani. Forse per questo ci si
capisce così bene.
Sono andata a trovare una vecchia signora,
un'insegnate di massaggi thai anche lei, una nonna. Non parlava una parola di
inglese, mi ha solo stretto le mani, mi ha mostrato il libro dei suoi ex
studenti con le foto e le dediche, un po' tutti figli suoi e non sono servite
parole. È proprio vero che quando non ci si capisce è perché non si vuol
capire, tante parole spesso confondono invece di spiegare. Stringere una mano
con il cuore, sorridere, questo mi ha insegnato in un secondo, quanto sia
facile spiegarsi.
La Domenica chiudono molte strade per
fare un enorme mercato. Mai visto un posto più colorato e più vivo, profumi di
spezie e di fritto, luci che sembrano addobbi di natale, venditori di ogni
tipo, musicanti e ballerini di danze tradizionali. Tutti lì in mezzo alla
strada, in mezzo alla vita e del resto dove dovrebbero stare?
C'era un gruppetto, un'orchestrina di
piccoli musicisti, bambini, il più piccolo avrà avuto quattro anni, il più
grande una decina. Suonavano e cantavano e come fai a non dare nulla, meglio
saperli lì che a fare altro del resto (e anche qui non servono spiegazioni
purtroppo). Ho messo nel cappello a terra venti baht, pochi centesimi di euro
niente di più. Di fianco al cappello c'era girato di spalle, accucciato basso
basso, un bimbo che, vedendo la mia mano infilare qualcosa nel cappello, si è
girato e mi ha sorriso. Non un bambino dell'orchestra, un bimbo thai del
pubblico. Che cuore stretto, per venti baht ho ricevuto il sorriso più bello e
doloroso del mondo, la bocca una luna lunga lunga, gli occhi due fessure luminose,
l'espressione birichina.
Può un sorriso del genere valere solo
venti baht? E così ti rendi conto, forse qui ancora più che in altri luoghi,
che per ogni cosa c'è un prezzo, per ogni cosa tiri fuori soldi, solo che per
alcune cose lo chiami costo… per altre lo chiami valore.
G.
Chiang Mai, 12 Febbraio
Non è facile descrivere le ultime
settimane, il mio diario si è interrotto parecchi giorni fa, qualcuno si sarà
forse chiesto se mi fosse successo qualcosa e di fatto qualcosa mi è successo:
La Thailandia.
Quando ho iniziato a scrivere il diario,
sentivo la necessità di ricordare e raccontare quello che stavo vivendo, perché
una parte di me era ancora assopita, intorpidita dal grigiore della vecchia
routine, dai dubbi, dall'inutilità di una vita sempre tanto uguale da
cancellare ogni novità come fosse un errore di programma e non come qualcosa di
cui gioire. Mi sedevo davanti al computer, a volte a scrivere, a volte solo a
pensare di farlo, cercando di descrivere a parole quello che ancora vivevo solo
con la mente, senza riuscire a sentirlo fino nel profondo.
Ma poi, ecco che le parole sono
diventate sensazioni, le fotografie sono diventate vestiti che ti senti addosso
e tutto d'un tratto il bisogno di scrivere è cessato. Quando le emozioni si
vivono totalmente, descriverle diventa un limite.
Quel brodo caldo che fin dall'inizio mi
aveva avvolta, è lentamente penetrato nel mio cuore con tutto il suo dolce
liquido calore e quel vuoto freddo che pesava come un macigno si è sciolto.
Niente più peso sul cuore, niente più gelo nelle mani, non più pugno allo
stomaco.
Ho quindi aspettato che le nuove
emozioni trovassero il loro posto e si consumassero lentamente, senza essere
sciupate da inutili parole ed ora posso raccontarle senza temere di sminuirle
né di condizionarle.
Già da un paio di settimane ho terminato
il corso di massaggio thai e i miei compagni, gli amici, ad uno ad uno se ne
sono andati. Ogni volta che qualcuno parte un pezzetto di cuore s'infrange, ti
senti triste, ma poi ti rendi conto che sentirlo questo cuore è davvero bello e
allora accetti tutto, con la sensazione e la promessa che non sarà un addio.
Da quando sono in Thailandia non sono
mai stata sola un attimo, ho sempre avuto qualcuno accanto che si è preoccupato
per me. Con qualcuno ho fatto solo pochi passi, con altri un cammino più lungo,
ma sempre con qualcuno al mio fianco che mi ha portato un po' più in là.
E così giorno dopo giorno cresce la
dolce sensazione che ci sia sempre qualcosa a sorreggermi, che se pur
camminando sull'acqua non devo temere di affondare, devo solo avere fiducia,
muovere un passo ed ecco che dove appoggio il piede affiora una roccia che mi
consente di avanzare.
Ecco cosa sono gli amici, i compagni, o
anche solo il passante che mi sorride e mi da l'informazione che cerco, sono la
mia strada, il mio cammino.
Un grazie per ogni passo.
Una decina di giorni fa sono andata a
fare trekking nella giungla per tre giorni e due notti. Abbiamo camminato nel
verde profondo, salito e ridisceso sentieri inesistenti, dormito in diciotto
anime, uno accanto all'altro, a tremare dal freddo nelle capanne di bambù,
mangiato alla luce delle candele, cantato alla luna e condiviso emozioni.
Una sera, alcuni bimbi del piccolo
villaggio in cui abbiamo dormito, sono venuti a cantare e ballare per noi le
loro danze tradizionali. C'era una bimba di quattro o cinque anni, si muoveva
piccolina totalmente fuori tempo, una virgola fuori posto in una poesia e per
questo così dolce. Finiti i balli però qualcuno le ha fatto una foto, lei lo ha
guardato e ha fatto l'occhiolino. Non ci potevo credere, d'improvviso
l'innocenza da quel bel visino si è spenta ed è diventata solo una cartolina
per turisti. Non c'è davvero più scampo, nemmeno nella giungla!
Abbiamo fatto un giro sugli elefanti,
che animali incredibili, se ne può avvertire tutta la potenza e allo stesso
tempo la profonda calma.
Per tutto il tragitto un elefantino di
pochi mesi ha camminato accanto alla sua mamma che, noncurante delle urla degli
addestratori, si fermava per aspettarlo o proteggerlo o allattarlo. Quant'è
perfetta la natura, anche in cattività non dimentica che cos'è importante.
I tre giorni si sono conclusi con il
bamboo rafting, ossia un giro lungo il fiume su zattere fatte di bambù. Il
fiume era molto basso, forse meno di un metro, le zattere delle semplici canne
di bambù legate tra loro su cui si sta in piedi se ci si riesce e si fanno
avanzare dando spinte al fondale con lunghi bastoni.
È stata un'esperienza esilarante,
eravamo circa una decina di zattere con sopra tre persone più la guida. Ad ogni
curva, ad ogni secca del fiume, la leggiadra traversata si trasformava in una
battaglia tra pirati a suon di fango, alghe e gente buttata nel fiume. Che
risate! Alla fine eravamo totalmente mimetizzati tanto era il fango e il verde
delle alghe che avevamo addosso.
Altra gita interessante è stata quella
per il rinnovo del mio visto, dopo un mese infatti bisogna andare al confine
con un altro stato per poi rientrare ed avere il visto rinnovato.
Essendo il mio visto la priorità, mi
sono affidata per l'organizzazione del viaggio alla mia Guest House, senza
chiedere nulla su che tipo di gita fosse, convinta che saremmo stati solo io e
il conducente del mini van. Destinazione Triangolo d'oro, ossia dove si
incontrano Myanmar, Laos e Thailandia.
Non potevo avere più torto. Mi sono
trovata in un viaggio turistico organizzato per vedere le bellezze del
Triangolo e le tribù locali.
La combriccola non poteva essere più
bizzarra, io, un vecchietto giapponese, un israeliano di mezza età, un
australiano sulla trentina e un altro personaggio di età, nazionalità e nome
sconosciuti. Più la guida, un ragazzo thai tutto sorrisi e inchini.
Devo dire che alla fine si è rivelato
davvero un viaggio singolare, con questi personaggi con cui non avevo niente in
comune, almeno in apparenza, potevamo essere il gruppetto delle barzellette:
c'erano un'italiana, un giapponese ecc. Che ridere.
Abbiamo fatto un giro su una piccola
barca a motore, intorno al Triangolo di terra che si trova in mezzo al fiume e
che segna i tre confini.
Io e nonno Giappone in testa, tra
spruzzi e vento in faccia. Lui teso teso, con gli occhi che gli lacrimavano, il
ciuffo bianco appiccicato alla fronte, la faccia tutta schiacciata dal vento.
Ad ogni saltino sulle onde delle altre barche pensavo gli sarebbe venuto un
infarto. Finalmente ci siamo fermati, mi sono girata e la faccia del nonno era
ancora tutta schiacciata, insomma non era il vento, era solo il suo profilo
giapponese.
Ed eccoci di nuovo a Chiang mai, a casa,
perché è proprio così che la sento.
Lunedì ho iniziato un nuovo corso di
massaggio thai, da quella vecchina adorabile di cui già avevo parlato e dire
che ne sono entusiasta è dir poco, tanto che ho deciso di restare qui un altro
mese e andare in India solo per una settimana, prima del ritorno a casa.
Appena sono entrata nella piccola scuola
mi sono subito sentita a mio agio, pochi studenti, cinque me compresa, due
cagnolini che fanno tanti guaiti e colorano le lezioni di saltini e corsette, e
poi Mama Nit e i suoi due figli, tutti e tre insegnano. Insomma, un'altra
famiglia ancora.
Mi era stato detto che la vecchia
insegnante non è quasi mai a scuola perché non sta troppo bene di salute.
Invece per mia enorme fortuna ha insegnato tutta la settimana ed essendo io la
più minuta del corso e lei non più forte, mi usa ogni volta per mostrare agli
altri le varie tecniche. Quindi sono davvero privilegiata, sia perché è più
facile per me imparare, sia perché ricevere massaggi da quelle mani esperte è
ogni volta un'esperienza sublime.
Incredibile come un corpicino che sembra
ormai consumato dagli anni, possa avere ancora una carica così forte e una
mente così salda.
Le giornate procedono pigre qui a Chiang
mai, nonostante siano incredibilmente piene di esperienze, emozioni e cose da
fare. La sensazione è quella di navigare su un fiume lento, è una giornata di
sole su un campo di grano appena tagliato dove tutto sembra fermo e l'unico
suono è quello di un grillo lontano, eppure tutto è vivo e in movimento
nascosto tra i fili dorati. È come osservare le api in un roseto abbandonati su
un'amaca, con una gamba a penzoloni che pigramente si dondola noncurante del
mondo.
G.
Chiang Mai, 20 Febbraio
È difficile spiegare anche a me stessa
come mi sento.
Se riguardo indietro, se penso alla mia
vita prima della Thailandia, non mi sembra che sia ancora la mia.
Adesso allo specchio vedo il viso
luminoso di una ragazza piena di energia e voglia di vivere. Niente a che
spartire con le foto scattate i primi giorni con il perugino che avrei voluto
cancellare, perché mi mostravano senza pietà che non ero altro che l'ombra di
me stessa. I tanti duri mesi prima di lasciare l'Italia avevano spento tutta la
mia luce, adesso invece sono radiosa e bella come mai sono stata nella mia vita
di prima.
Ci facciamo tanta forza sul fatto che
siamo essere umani, che siamo superiori a tutte le altre creature, ci riempiamo
tanto la bocca con l'elogio della nostra grandezza ed invece non siamo diversi
dal più semplice fiore. Proprio come lui, se veniamo spostati in un piccolo
vaso, crediamo che tutto il mondo sia racchiuso in quella manciata di terra. Le
nostre radici hanno a malapena lo spazio per crescere, abbiamo sempre bisogno
che qualcuno ci annaffi e preghiamo ogni giorno che questo avvenga, ma se quel
qualcuno si dimentica di noi, appassiamo.
Quando invece cresciamo liberi in un
prato, l'universo stesso ci accudisce, ci da quello che ci serve per fiorire in
tutta la nostra bellezza. Le nostre radici hanno un mondo intero in cui
crescere. E quando poi viene l'inverno, anche se tutto si spegne, la terra è li
che ci protegge, che ci nutre e ai primi raggi di primavera nasciamo di nuovo
regalando il nostro profumo al vento. È così che mi sento adesso, da quando ho
intrapreso la strada che il cuore ha scelto per me, le mie radici sono
finalmente immerse in un immenso campo verde e il mio viso, che si piegava come
una corolla appassita, adesso è radioso e si sostiene fiero guardando verso il
sole.
Si, quando perdiamo la nostra vera
strada ci abbruttiamo, quando invece siamo nel nostro cammino risplendiamo di
grande bellezza e sbocciamo nel fiore meraviglioso che eravamo destinati a
diventare.
La mia anima ha finalmente trovato
l'abito ricamato di gioia che tanto aspettava e adesso è saldamente stretta a
me.
G.
Chiang Mai, 06 Marzo
Un passo indietro.
Ho iniziato a mandare le pagine del mio
diario a tutti gli amici ai quali mi sento vicina, anche a quelli che non vedo
da tanto ma sono sempre comunque importanti. L'ho fatto per me, per sentire di
avere tutti accanto in questa esperienza, ma mai mi sarei aspettata che le mie
parole potessero essere importanti per qualcuno, anzi, con mia enorme sorpresa
per molti. Mi sembra quindi giusto a questo punto, dire qualcosa di più su
quello che è avvenuto prima della partenza, prima di lasciare il lavoro, prima
della Thailandia.
Tanti mi conoscono abbastanza da sapere
la mia storia, altri meno, ma non credo che tutti sappiano, compresi gli amici
più cari, che cosa mi sia scattato dentro per portarmi a cambiare così
radicalmente non solo le carte in tavola, ma anche tavolo e giocatori.
La storia dei miei passati trent'anni
non è probabilmente né più bella né più brutta di altre, di certo non più
originale, è inutile però andare troppo indietro, cose da dire ce ne sarebbero
eccome, non tanto sul mio mondo quotidiano quanto su quello interiore, ma non è
questo il momento.
Arriviamo subito alla fine delle superiori,
diploma di ragioneria, devi pensare a cosa fare visto che ormai gli anni
spensierati sono finiti, che poi tu tutti questi anni così spensierati mica te
li ricordi, anzi, se ci pensi caspita se crescere è stata dura.
Comunque, decidi di andare a studiare
inglese a Londra per un anno, grande esperienza, a volte dura, a volte
meravigliosa, ma l'anno passa e te ne torni a casa.
Lavori per un po' in una scuola di
inglese, poi un nuovo impiego in un ufficio, e il nuovo impiego non è più nuovo
perché sono passati già sette anni e tu ne hai ventinove.
O porca miseria e dove sono finiti tutti
quegli anni? Cos'è successo nel frattempo? Com'è che avevi iniziato tanto bene
andando a studiare all'estero e poi ti sei persa per strada? E dove ti sei
persa?
Ripensi agli ultimi anni, tanti periodi
molto felici certo, ma niente di costruito, niente di concreto. Non sai dove
vuoi andare, non hai interessi particolari se non quelli per ammazzare il tempo
e ammazzare è proprio il termine giusto perché passare il tempo non rende
l'idea. Ti dividi tra lavoro, yoga, palestra, corsi mai terminati di balli
caraibici, il ricordo di un amore finito e nessuna voglia di crederci ancora.
Ti svegli la mattina, novembre,
dicembre, gennaio… chi lo sa, tutti i giorni uguali. Il treno in ritardo. Le
solite facce nella solita terza carrozza. Il treno che si ferma 10 minuti in
galleria. Il vociferare che da sussurro diventa sempre più alto, la tensione
che cresce, decine di polsi che si girano in sincrono per mostrare l'orologio
che scandisce le gocce di sudore. Una e poi un'altra e un'altra ancora, tin tin
tin, scivolano come gelide puntine sulla fronte, l'ansia di arrivare in
ritardo:
<<E ora che gli dico a
quello>>, <<Miseria mi tocca uscire mezz'ora dopo>> e
<<Non riesco a fare colazione>>.
Ti sembra di poter leggere nella mente
della gente, perché i pensieri dei pendolari sono sempre quelli, a
compartimenti stagni. I pensieri dell'andata sono tutti: colazione, ritardo,
speriamo sia di buon umore. Quelli del ritorno sono tutti: se si ferma perdo
l'autobus, ma chi ne ha voglia di uscire sta sera sono cotto, speriamo di non
incontrare nessuno che conosco sennò mi tocca parlare.
Insomma, arrivi in centro, il vento
gelido ti si è appiccicato alle ossa e ai vestiti. Entri nel solito bar e ti
sembra che le persone ti stiano lontane perché quel freddo che hai addosso
raffredda il locale. Le solite quattro chiacchiere con il barista che ti ha
conosciuto ragazzina e giorno dopo giorno chissà cosa pensa delle tue occhiaie
e delle rughe che iniziano a vedersi (ma che si guardi un po' le sue di rughe)
e così esci che sei già di malumore.
Lavoro. Inutile spendere parole perché
tanto ogni giorno è uguale all'altro. Pausa pranzo, un'ora, il solito giro dei
misci (poveri), cioè guardare le vetrine senza comprare niente, tanto che odi
il periodo dei saldi perché le vetrine non le cambiano mai. Solito panino
volante, telefonata alla mamma. Lavoro. Treno. Palestra. Bevuta con gli amici.
Nanna.
Quando proprio va di lusso, aperitivo,
meno male che esiste!
Non so se a voi queste righe dicono
qualcosa, certo la mia vita non era solo quello, ma l'idea, il sentirsi
soffocare in un inverno senza fine - perché sicuramente sarò andata al lavoro
anche in altri mesi, non solo da novembre a febbraio, ma insomma - la sensazione
è sempre quella.
Poi il colpo finale. Un anno prima, di
anni ne hai ancora ventotto, capo nuovo e nel giro di un anno detesti tanto il
tuo lavoro che ti sembra di averlo sempre odiato, eppure per sei anni ti è
andato bene. Certo non era il sogno della tua vita, ma lavoravi con qualcuno
che stimavi davvero e che ogni giorno ti insegnava qualcosa. Abituata troppo
bene forse, ma insomma che per te andare al lavoro è diventato un incubo e la
routine, che prima semplicemente ti annoiava, è diventata una trappola che ogni
giorno ti instilla goccioline di veleno nelle vene. Piano piano, ma piano piano
ti senti morire dentro e d'un tratto nemmeno gli aperitivi funzionano più.
Poi un giorno ti fermi, ti guardi alle
spalle, ai quasi dieci anni di ufficio tutti appiattiti in un unico identico
ieri. Poi guardi avanti, ai prossimi trenta nello stesso ufficio tutti gonfiati
in un unico, enorme, inutile domani, e ti chiedi:
<<Ma davvero la vita è tutta qui?
Davvero sono nata per digitare quattro tasti, farmi venire il mal di schiena,
la colite e il male agli occhi? Davvero sono nata per svegliarmi, mangiare,
lavorare, dormire e andare nei vicoli? Come può la vita essere tutta qui? Come
posso pensare di vivere altri trent'anni identici a quei dieci di cui sono già
stufa? Per poi cosa? Passare una pensione da frustrata, perché quando andremo
in pensione noi probabilmente dovremo pagare per stare a casa? Può la vita
valere davvero così poco?>>.
Non pensiate che sia una critica nei
confronti di chi ogni giorno si sveglia per andare in ufficio, era solo una
valutazione sulla mia di vita.
Scrivere mi è sempre piaciuto e quel
giorno mi sono chiesta:
<<Se la mia vita fosse un libro o
un film, qualcuno avrebbe voglia di leggerla o vederla?>>.
E la risposta è stata no, perché io
stessa non ne avrei voglia.
Che amarezza.
E da quel momento ho deciso che avrei
fatto di tutto e di più per vivere quella vita che vorrei leggere in un libro,
vivere la mia vita come il preferito tra i miei film, ecco cosa mi è scattato
dentro!
Nulla nella vita è positivo o negativo,
almeno non totalmente, dipende da come noi elaboriamo l'esperienza e in cosa la
tramutiamo. Il cambiamento in ufficio per me è stato davvero un giro di boa,
poteva diventare un incubo (e per un po' lo è stato), ma grazie a Dio l'ho
fatta diventare un'opportunità, la più importante.
Se questo cambiamento negativo non fosse
avvenuto, forse sarei andata avanti altri dieci anni o più in un lavoro che non
mi rendeva felice ma nemmeno triste, insomma, una bella insipida minestrina. Ma
per fortuna, e sottolineo per fortuna, la situazione è diventata così negativa
per me che sono stata costretta a fare qualcosa. Il mio treno, e sta volta non
ci sono i dieci minuti di stop in galleria.
Da lì una miriade di cose, Reiki, il
corso di massaggio Ayurvedico, il corso di riflessologia, conferenze, corsi di
crescita personale ecc ecc ecc.
Sei stata fortunata certo, perché hai
trovato cose che ti piacciono davvero, cose che ti somigliano, in cui sei te
stessa. Fortunata certo, ma hai anche la voglia e la tenacia di seguirle tutte
quelle cose, ma proprio tutte, tutte insieme.
Hai davanti a te un sogno, ma per un
anno la tua vita è un massacro. Lavoro in ufficio in settimana, tutti i week
end e dico tutti, un corso, studiare e fare pratica di sera e poi finalmente
iniziare a fare i massaggi dopo il lavoro. Finalmente si, ma intanto i massaggi
te li scoppi dopo una giornata in ufficio e un week end che l'ultimo in cui ti
sei riposata erano almeno sei mesi prima.
Ma non è stata questa la parte più dura.
Certo, alla fine eri totalmente esaurita e non tanto per dire, ma la vera
battaglia, la vera sfida, sono stati gli amici, non tutti chiaro, ma troppi se
ci pensi.
Quelle persone che sulla carta avrebbero
dovuto sostenerti, sono state quelle che ti hanno criticato perché nei week
end, invece di uscire per la solita bevuta identica a quelle degli ultimi
quindici anni, ti sacrificavi per i tuoi corsi.
Sono state quelle che non volevano
accettare che stavi cambiando.
Sono state quelle che invece di sorreggerti
perché la strada era dura, invece di darti una spinta per uscire finalmente
dall'acqua e poter così respirare, hanno cercato di ritirarti giù.
Strano vero? Tante volte mi sono chiesta
perché, forse perché i cambiamenti sono duri da metabolizzare anche se sono di
altri? Forse perché è difficile accettare che qualcuno cerchi di essere felice,
o almeno cerchi di uscire dalla campana di fumo in cui ci hanno convinti che
dobbiamo vivere per essere persone per bene e normali e vedere se quello che si
sentiva era l'eco o una vita che si ripeteva all'infinito? Forse perché questo
le costringe a chiedersi se loro della loro vita sono felici? Chi lo sa. Una
risposta non me la sono data, provate a darvela voi, di fatto io sono dove sono
e loro…
Ma il rovescio della medaglia è stato
invece un regalo immenso, gli altri amici, quelli veri e persone che mi
conoscevano appena, mi hanno aiutato in tutti i modi. Mi hanno sostenuta, mi
hanno fatto sentire la loro stima e credetemi, quando si decide di cambiare
così profondamente la propria vita, ogni parola di conforto e di approvazione
ti aiuta a superare i momenti in cui i dubbi arrivano, perché è normale che
arrivino. Soprattutto per chi come me non può pensare: Tanto se va male ci sono
mamma a papà che mi mantengono, perché la mia situazione non è quella, ma devo
dire, nel mio caso non sono mai stati sufficienti a farmi vacillare.
Da quel ventinovesimo anno di vita,
qualcosa ha iniziato a lavorare nella tua mente, quasi a tua insaputa.
È ancora gennaio, forse febbraio,
intanto le cose stanno già cambiando. Stai facendo il corso di massaggio
Ayurvedico e stai vivendo in un appartamento che dividi con la fidanzata
inglese di un tuo amico e un giorno questo amico ti dice:
<<Sai, in Thailandia fanno corsi di
massaggio thai di un paio di settimane e lì costa tutto poco>>.
E così inizi a pensare come sarebbe
bello andarci, ma senza fretta, starci qualche mese, a fare il corso, a
rilassarti, a scioglierti, a vivere, e poi pensi:
Eh! per farlo dovrei licenziarmi.
E poi ancora, come sarebbe bello fare un
corso anche in India, e poi pensi:
Eh! per farlo dovrei licenziarmi.
E così giorno dopo giorno queste nuove
idee prendono vita, una vita propria, prendono decisioni autonome, fanno piani
di cui quasi non ti rendi conto, e come per magia inizi a pensare:
A settembre do il preavviso così a
gennaio parto per la Thailandia e poi vado in India e poi chissà.
I mesi passano, qualche dubbio, inizi a
valutare la possibilità di aprire un'attività nella tua città con amici che
hanno i tuoi stessi interessi, chissà forse ha ragione chi dice che sei pazza a
mollare tutto e partire.
Ma poi, finite le ferie, quando devi
tornare in ufficio, qualcosa dentro di te si rompe del tutto. Per giorni stai
come fuori dalla realtà, inizi a stare male davvero, mal di testa, che in tutto
ti durerà due mesi, troppo spesso hai dei mancamenti, la vista che si abbassa
giorno dopo giorno tanto che da un occhio quasi non ci vedi più…
Sono tutte cose vere purtroppo, è questo
che fa la mente quando il troppo è davvero troppo, tu non stacchi la spina?
Allora te la stacca lei, e non importa quante visite fai, quanti dottori vedi,
è sempre lei che decide, non esistono aiuti, sei sola, sei s-o-l-a, e sei la
tua nemica.
E così capisci che davvero la tua vita
non può valere così poco, che nessun lavoro vale tanto, che nessuno stipendio
vale tanto e che hai molto di più da dare e che soprattutto ti meriti molto di
più, ma nessuno te lo viene a regalare. Dipende da te, non puoi aspettare i
tempi degli altri, è il tuo tempo, solo tuo, solo tu puoi fare la differenza.
Arriva settembre, il giorno del tuo
trentesimo compleanno, ti svegli e si, è questo il giorno in cui ha davvero un
senso ricominciare a vivere.
Arrivi in ufficio… e ti licenzi!!!
Per tutta la vita hai sentito storie di
persone che hanno avuto il coraggio di cambiare, o anche solo la pazzia per
farlo e le hai sempre invidiate, ma adesso è il tuo turno, una di quelle
persone puoi essere tu.
Ogni cellula del tuo corpo ha
programmato questo momento per gli ultimi nove mesi, e alla fine...
arrivi sull'orlo del precipizio…
guardi giù, la solita pietruzza che cade
nel baratro come nei film…
pensi: Merda non ho il paracadute…
riguardi giù…
riguardi indietro cosa stai lasciando…
sorridi… Chi se ne frega!!!
trattieni il fiato…
e salti nel vuotoooooo
l'hai fatto!!!
L'hai fatto!
E non è il racconto di qualcun altro,
non è la storia di un libro, non è solo un sogno campato in aria nei momenti di
noia. Sei tu. Sei davvero tu. È davvero la tua vita che ha fatto un salto
mortale e tu sei ancora viva, si sei viva! Sei viva!
Ancora alcuni mesi duri, fino a
dicembre. Ancora amici che ti dicono che sei pazza, mollare tutto? Ma no rimani
nella cacca con noi! Partire da sola? In quel brutto mondo cattivo con quella
brutta gente cattiva e l'uomo nero che ti maaaaangia????? Huuuuuu! Il resto
ormai è storia!
G.
Chiang Mai, 12 Marzo
Chiang Mai. Tante volte ne ho scritto,
ma mai veramente. Non so che idea vi siate fatti dello scenario di questo mio
diario di viaggio. Credo che molti si siano creati nella mente il proprio luogo
ideale, perché quando si parla di sogni tutti scopriamo che, chi in maniera
conscia, chi inconsciamente, ma ripeto tutti, abbiamo nel cuore un posto che
chiamiamo paradiso.
Per qualcuno è una spiaggia incantata
con palme da cocco, per altri un hotel a cinque stelle, per altri ancora
un'immacolata pista da sci. Non cambiate queste immagini nella storia perché,
se anche le parole sono le mie, so che l'avete fatta vostra e tale deve rimanere.
Vi voglio però parlare della mia Chiang
Mai perché è davvero doveroso farlo, perché ho scoperto che il paradiso non è
un posto perfetto, una natura incontaminata, un'immagine da cartolina.
Il paradiso è uno stato fisico e
mentale, ed è fatto di sogni si, ma i sogni degli uomini non degli dei, con
tutti i loro vizi, i loro dubbi, le loro paure. No, il paradiso non è perfetto
e perciò è paradiso, perché in questo luogo tutto viene accettato, ognuno con
la propria identità, con la propria stravaganza, con la propria diversità.
Chiang mai. Città, paese, chi lo sa,
niente a che vedere con Bangkok, niente palazzoni alti o centri commerciali
infiniti, non quello smog che ti ottura occhi e pori, non quel traffico così
caotico da non consentirti nemmeno di sentire i tuoi pensieri.
Il centro si trova all'interno di quelle
che un tempo erano mura su base quadrata e, una volta cadute, per continuare a
mantenerne l'idea, è stato costruito un perimetro d'acqua che corre tutto
intorno sui quattro lati. E anche quando fa caldo ma caldo davvero, camminare
accanto a quello specchio liquido da un po' di sollievo.
Orientarsi è facile, anche per chi come
me non ha assolutamente senso dell'orientamento, se ti perdi basta seguire
tutto il perimetro e prima o poi arrivi in un punto che conosci. Che sensazione
dolce sapere che qualunque cosa accada prima o poi la strada la ritrovi sempre.
Ogni punto della cittadina è
raggiungibile a piedi, le strade sono piane, non è quindi faticoso percorrerle
e solo poche vie sono molto trafficate. Poi non si capisce come mai ogni tanto,
sui marciapiedi già stretti, spunti una cabina del telefono, un idrante o
qualcosa che ti ostruisce completamente il passaggio. Devi quindi scendere in
strada con il rischio di essere messo sotto da tuk tuk, motorini rumorosissimi,
taxi comuni o biciclette pirata, perché qui guidano tutti, ma proprio tutti,
come matti e non si fermano nemmeno ai semafori.
Le case sono basse, ad ogni porta un
bar, un pub, una Guest House. Mercatini e venditori con le loro mini bancarelle.
A Chiang Mai turisti, Thailandesi, cani,
gatti, stranieri che si sono ormai stabiliti in pianta stabile, monaci, cinesi,
tutti convivono perfettamente, nessuno si sente di troppo o padrone.
L'energia è quella sottile e luminosa
dei sorrisi delle persone e tutti, dopo pochissimo, ne sono contagiati. La
realtà con i suoi problemi sembra appartenere ad un altro universo.
Qui tutto è facile, tutto è a portata di
mano, qui le persone ti sorridono senza motivo, hanno tanti di quei sorrisi
dentro che uno dopo l'altro saltano fuori perché da qualche parte devono pur
uscire. E così l'americano, come il tedesco, come il russo, come l'italiana,
come la ragazza thai, te lo sbattono in faccia come il solletico di una piuma,
questo sorriso che avanza. E tu sorridi e non ti chiedi come mai sia così
normale e come mai tante volte sei tu la prima a farla volare quella piuma
d'ala.
Libertà, questo si respira. Ognuno è
troppo occupato a stare bene per perdere tempo a fare stare male qualcun'altro,
criticando, condannando, impicciandosi degli affari altrui. Come facciamo noi
troppo spesso a casa, perché siamo così preoccupati di distrarci dai nostri
problemi, che vogliamo crearne agli altri così tutti insieme nella cacca si sta
meglio.
Felicità. A Chiang Mai sono stata
felice, tanto. Felicità. Qui ho scoperto cos'è.
Felicità non è non avere problemi.
Felicità non è svegliarsi ogni mattina
con il cuore leggero.
Felicità non è un pacchetto che qualcuno
ti regala e tu devi solo scartarlo.
Felicità non è sapere che tutto va bene
e che andrà sempre bene, no.
Ho scoperto che essere felici è il più
duro e il più impegnativo dei lavori. È svegliarsi ogni mattina sapendo che la
vita non è perfetta e cercare nonostante tutto in se stessi la forza e la
voglia di risolvere i problemi. È la tenacia di voler vedere una via di uscita
anche quando c'è tanto fumo da non riuscire nemmeno ad intravedere le proprie
scarpe, perché è vero che nel mio diario ho sempre e solo parlato di esperienze
meravigliose, ma ovviamente non ci sono state solo quelle.
Ci sono stati anche momenti duri, ma di
quelli è inutile parlare, forse perché i sorrisi bisogna riportarli alla mente,
le ferite invece lasciano cicatrici, non serve ricordarle. Ma felicità è anche
questo, guardare le proprie cicatrici con amore, perché per ogni segno hai
imparato qualcosa, per ogni lacrima hai scoperto di poter essere felice.
Felicità è fiducia, è crederci davvero,
anche quando siamo stanchi, quando siamo stufi, ma credere che quel sogno che
si intravede all'orizzonte sia vero e che anche quando sembra allontanarsi è
ancora lì ed invece di rinunciare dobbiamo correre più in fretta e sudare di
più, non fermarci.
È tanto facile a volte, pensare che se
hai fame tutto sommato ti puoi accontentare di bere.
Non è così!
Se sai cosa vuoi, devi avere il coraggio
di lottare per quello. Ed invece tante volte cosa facciamo? Arriviamo a tanto
così, possiamo quasi toccarla la felicità, l'abbiamo aspettata tanto a lungo,
mesi, immaginata tanto a lungo, ci abbiamo pianto, ci abbiamo riso, ne abbiamo
disegnato il viso e il profumo, ne abbiamo immaginato il calore. Eccola, è lì.
Ma siamo troppo vigliacchi, troppo spaventati, troppo intossicati e avvelenati
dalle bugie del mondo da credere che possa essere vera. Così ci convinciamo che
stiamo perdendo tempo, che abbiamo perso mesi ad aspettare e quando siamo a
tanto così distruggiamo tutto. Almeno siamo noi che decidiamo non lei, almeno
non rimaniamo delusi se non era perfetta la felicità (tanto non lo scopriremo
mai perché non abbiamo avuto il coraggio di guardarla in faccia). E allora,
anche se abbiamo fame, ci accontentiamo di bere che intanto nella pancia
qualcosa mettiamo.
E si, essere felici è il più duro dei
lavori. Essere felici è cosa solo per chi ha coraggio. Il coraggio di vedere se
il sogno può diventare realtà e se poi non è così abbiamo ancora una vita per
sognare, ma intanto non abbiamo rimpianti. Abbiamo ancora fame è vero, ma non
ci siamo riempiti la pancia d'acqua per non sentire il vuoto, lasciando
sfuggire il nostro sogno e rimanendo con la nostra borraccia sempre a portata
di mano che non si sa mai che ci venga ancora fame, ancora voglia di sognare.
Felicità. È partire con la speranza ogni
giorno, che chi amiamo ci aspetterà e che non si accontenterà di bere, perché
come noi ci crede.
Ma noi ci crediamo davvero? Abbiamo il
coraggio di essere felici e non rinunciare una settimana prima, solo perché ci
troviamo una bottiglia d'acqua a portata di mano? Oppure, non si sa mai,
intanto beviamo, intanto stiamo bene per un'oretta e poi quando la felicità
arriva ci sentiamo degli idioti perché non si ferma più alla nostra porta e
perché dovrebbe?
<<Potevi aspettare, avere ancora
un po' di pazienza, ancora un po' di coraggio>> ci diciamo.
Ma lo sapevamo anche prima, solo che il
coraggio non l'abbiamo avuto e ci sentiamo mortificati e vuoti, guardiamo la
nostra borraccia, abbiamo ancora fame, ne valeva davvero la pena?
La risposta la sappiamo, ma la sapevamo
anche prima, ci piace tanto mortificarci in fin dei conti, così poi abbiamo un
motivo per lamentarci e per crederci ancora meno la prossima volta. Un camion
di borracce.
Perché felicità è accettare che la vita
non è perfetta e che nonostante questo è ugualmente meravigliosa, che non è il
regalo che qualcuno ci fa, ma è una decisione che prendiamo ogni giorno. Sembra
assurdo dirlo, ma in fondo tutti sappiamo che essere infelici è molto più
facile. È molto più facile convincersi che la vita fa schifo, che tutto va
male, non provare nemmeno perché intanto non c'è speranza e quando ovviamente va
male, perché ci abbiamo pensato noi a rovinare tutto, ci diciamo:
<<Lo sapevo!>>.
E si, è molto più facile essere
infelici, che avere il coraggio di soffrirsela questa felicità.
Ma chiediamoci:
Vale la pena di perdere tutto per la
paura di perdere tutto?!
G.
Bangkok, 15 Marzo
Il 13 notte ho lasciato la mia Chiang
Mai, il mio sogno, il mio paradiso. Dodici ore di bus notturno. Arrivata ieri
all'alba a Bangkok.
Quanti pensieri in quelle ore di
viaggio, quanti dolci, dolcissimi ricordi, quanti visi si sono alternati nella
mia mente, quanti sorrisi mi hanno aperto il viso.
Chiang Mai. Credo che davvero tutto sarà
diverso d'ora in poi, non si può tornare indietro una volta che si è nel
viaggio e del mio viaggio io ho superato ormai da un po' l'inizio.
Ho tanti grazie che mi spuntano come
freschi fili d'erba, per ogni filo un nome, per ogni filo un grazie, un verde
prato di ricordi.
Bangkok è terribile come quando sono
arrivata la prima volta due mesi e mezzo fa, solo che allora non sapevo quello
che avrei trovato. Ora so quello che lascio e questo mi da forza per un verso,
ma per un altro mi fa venir voglia di scappare il più lontano possibile da
questo caos.
India, ecco dove sto andando. Oggi
pomeriggio ho il volo per Mumbai, una volta là davvero non so, non ho avuto il
cuore di pensarci, ho cercato di stare fino all'ultimo secondo nel mio presente
per non lasciar andare la mia Thailandia troppo velocemente. Ci penserò
sull'aereo.
L'arrivo è per sta sera alle 20:00, sarà
già buio, forse a quel punto sarà il caso di avere un'idea sul cosa fare e dove
andare. Ma il viaggio è anche questo, ogni giorno devi decidere che direzione
prendere e non sai mai se è quella giusta, allora tanto vale seguire il cuore,
nel dubbio almeno non tradisci te stesso.
G.
Mumbai, India 15 Marzo
Sono arrivata a Mumbai alle 20:00 (siamo
4 ore e 1/2 avanti rispetto all'Italia).
Dopo la soffocante giornata a Bangkok,
persino questo aeroporto, che nello scalo di sei ore all'andata mi era parso un
incubo, paragonato a quella rumorosa ed egoista città, sembra un luogo
piacevole.
E ora dove vado? Non ho prenotato nulla,
ma come mai non riesco a preoccuparmi? Chiedo ad una ragazza chiaramente non
indiana se mi sa consigliare un albergo, lei mi dice che alcune sue amiche
l'aspettano fuori e che mi posso unire. Perfetto.
I miei piani?
Dico: <<Voglio andare a
Goa>> (e quando l'ho deciso? A volte mi sembra di essere posseduta perché
c'è una parte di me che davvero decide autonomamente... e alla fine seguo
sempre quella, per fortuna!).
Una delle amiche mi dice che anche loro
andranno a Goa il giorno seguente con il treno, ma è difficile trovare posto da
un giorno all'altro.
<<Forse dovresti tornare dentro e
chiedere per un volo>> mi suggerisce, ha occhi grandi e sinceri, un bel
visetto rubicondo e come faccio a non fidarmi. Saluto la combriccola a
malincuore perché mi sembravano ragazze simpatiche, entro, pago il volo per il
giorno dopo e prenoto l'albergo e lo spostamento da e per l'aeroporto.
Esco di nuovo dall'aeroporto con uno
sciame umano che mi si stringe addosso per farmi salire su qualche taxi chissà
per dove. L'effetto non è diverso da quando ogni mattina mi sono accalcata per
trovare posto sul treno per andare al lavoro, l'India sarà pure difficile, ma
chi sopravvive ad una vita da pendolare sopravvive a tutto!
Il mio albergo è grazioso, stile
vittoriano se è un termine che posso usare parlando di un albergo a Mumbai,
comunque rende l'idea.
Esco per telefonare, uno dello staff
dell'albergo mi scorta per i cinque metri che mi separano da un sottoscala dove
c'è un solo telefono e un solo computer e fuori un capannicolo di una ventina
di ragazzi, tutti maschi, ora capisco la scorta visto come mi guardano.
Telefono e veloce veloce me ne torno al mio albergo.
Mattina. Nella via per l'aeroporto vedo
un po' di Mumbai e capisco che forse sono davvero strana io. Fuori dal mio
finestrino aperto vedo mucche che passeggiano per strada, case mezze distrutte,
bambini, vacche e cani che mangiano dagli stessi rifiuti sparsi ovunque, un
traffico rumorosissimo dove rischiamo almeno tre o quattro incidenti. Eppure
non faccio una piega. Mi sembra tutto così normale, come se lo avessi visto
chissà quante volte. Forse a forza di immaginarmela questa India l'ho già
vissuta.
Le donne indiane sono molto diverse
dalle donne thai, hanno corpi voluttuosi, fasciati in sari bellissimi e
coloratissimi che sembrano sempre appena indossati, hanno visi scuri e occhi
profondi, ne sanno di terra e di madre, di qualcosa di assolutamente vissuto e
forte.
Camminano fiere in mezzo alla strada o
tra gli uomini, a testa alta, forse perché è per loro l'unico modo per farsi
spazio. Mai stata una vita facile la loro.
A presto,
G.
Benaulim, Goa, 17 Marzo
Eccomi all'aeroporto di Goa. Si ma Goa è
uno stato non un paesello, e ora? Ovviamente zero piani, apro la mia guida,
cerco un posto tranquillo, Benaulim, aggiudicato, si parte con il taxi
prepagato all'aeroporto.
E dov'è finita l'India? Le belle
stradine che ci portano al paese sono costeggiate da graziose case basse, in
stile coloniale, circondate da fiori colorati e palme. E si perché Goa era una
colonia portoghese. Ed eccomi a Benaulim, eccomi all'albergo che ho selezionato
sempre sulla guida. Metodo di scelta? Era il primo della lista. Hanno una
camera e così mi fermo, facile facile.
Mi sa proprio che sono finita nel
paradiso di qualcun altro, di quelli che si aspettano una spiaggia immacolata e
palme, perché è qui che mi trovo.
Il mio albergo da direttamente sul mare,
ovviamente molto economico. Ma la spiaggia? È praticamente identica a quella
della mia isola a Capoverde! Mare e sabbia sono uguali, solo che qui ci sono le
palme e al posto dei venditori senegalesi ci sono ragazze indiane che cercano
di venderti henné o sari, per il resto lo stesso. E certo, sono entrambe
colonie portoghesi, anche le barche dei pescatori sembrano le stesse con nomi
portoghesi!
Eccomi qua alla fine del mio viaggio,
luogo diverso si, ma capisco che tutto sommato sono ancora io e, nonostante
tutti i cambiamenti avvenuti in me in questi mesi, le cose che amo sono ancora
le stesse. Qualcosa di inconscio ma molto radicato in me mi riporta in un posto
dove sono stata felice, anche se era un altro stato, un altro mare, forse un'altra
vita.
È già passato un giorno dal mio arrivo
di ieri, oggi dopo una lunghissima passeggiata sulla spiaggia sono tornata alle
sdraio del mio albergo, ho visto una mano che sventolava dalla mia parte e una
voce femminile tutta eccitata, tre ragazze sdraiate che mi guardavano... da non
credere... le ragazze dell'aeroporto! E come faccio a sorprendermi? Da quando
sono in viaggio ogni giorno è una magia. Come ho già detto Goa è uno stato e
che loro siano non solo nel mio stesso paese ma addirittura nel mio stesso
albergo...
Ma uno come fa a non sorridere alla vita
quando lei calma e sorniona, ti guarda e ti fa l'occhiolino?
G.
Benaulim, 21 Marzo
Questo è l'ultimo giorno del mio diario.
Domani la partenza e venerdì mattina sarò in Italia.
Che settimana dolce, un tempo lento,
pigro, lunghe passeggiate nel paese o sulla spiaggia, i sari delle ragazze
indiane che in riva al mare sembrano bandiere vive che colorano il vento. I
bufali d'acqua che fanno il bagno in mare come cagnolini da compagnia, la musica
indiana mista a quella occidentale. Quanti contrasti, anche qui vedere le cose
più diverse accostate l'una all'altra sembra normale, è semplicemente vita del
resto.
Ero preparata ad un'India severa che ti
assale, alla quale non dare troppa confidenza. E all'inizio con questo pensiero
sono stata un po' ad ascoltarla, ad annusarla, a sfiorarla e poi scappare come
fanno i gatti con la zampa quando non conoscono qualcosa, la toccano appena e
poi via per studiare la reazione. Ma qui è tutto diverso, niente di cui dover
avere paura, con le persone ci si può parlare senza che diventino invadenti,
anche qui a Goa come a Chiang Mai tutto sembra facile.
Le serate sono scivolate via allegre a
chiacchierare e gustare un superbo cibo indiano con le ragazze conosciute all'aeroporto
e con una ragazza canadese. E così alla luce di candele, di fronte al mare,
cinque giovani donne, cinque mondi diversi, paesi diversi, culture diverse,
sono state ore a ridere, a confrontarsi, a parlare di viaggi e di vita.
Virginia e Betty, Londra, una assistente
sociale, l'altra che lavora in un ufficio. Sue, Vancouver, la più giovane,
ventiquattro anni, lavora in un pub. Si sono conosciute cinque anni fa in un
viaggio e per un anno hanno continuato a viaggiare insieme per tutto il mondo.
Dopo quattro anni viaggiano di nuovo insieme. Kheila, Toronto, infermiera,
lavorerà in India quattro mesi con medici senza frontiere. Perla, Italia, per
ora sognatrice, poi si vedrà.
È così facile sentirsi parte di qualcosa
quando viaggi e quel qualcosa è il viaggio in sé. Per il solo fatto di essere
tutti lontani da casa a sperimentare e scoprire e muoversi nel mondo, ci si
sente tutti simili. Anche se ogni persona che si incontra, ogni viaggiatore, è
diverso, ha il suo mondo, c'è uno stesso spirito di fondo e non serve
spiegarselo, non serve dire: <<Hei ti capisco quando parli perché per me
è lo stesso>>, lo si sa, comunque.
Mesi fa ho pagato un biglietto per
l'India. Prima di arrivarci non sapevo quello che stavo cercando, sapevo solo
che volevo un'India amica, non l'India difficile di cui spesso ho sentito
parlare e questo ho avuto, un'India che India forse non è, ma è stata perfetta
così. Non importa che destinazione c'era sul biglietto, la cosa importante è
che sto per tornare in Italia con la sensazione di aver avuto davvero quello
che cercavo e soprattutto, mi sento piena di gratitudine per esserci arrivata
guidata da non so chi, non so cosa, ma sono arrivata dove mi serviva.
Dopo i bellissimi e intensi mesi di
Chiang Mai, volevo avere il tempo di rielaborare e accogliere tutto quello che
è stato. Pensavo a qualche posto in cui poter fare yoga o meditazione, pensavo
ad un luogo con templi o ad un Ashram o chissà cos'altro. Ma qui a Goa, su
questa spiaggia, su questa sabbia tanto compatta che le poche orme si
intravedono appena, qui, con il fruscio delle palme, i giochi del vento, ho
trovato esattamente quello che cercavo. Nelle lunghe passeggiate, nei riflessi
del sole sulla schiuma delle onde, ogni pezzo è andato al suo posto, ogni
ricordo, ogni pensiero. Mai un attimo mi sono chiesta perché sono arrivata qui,
mai un attimo mi sono sentita nel posto sbagliato perché non è l'India che uno
si aspetta. La curiosità per un'India appena accennata però rimane, in futuro
sicuramente avrò un viaggio diverso, quando sarà il momento.
Sto tornando a casa, forse la fine di un
viaggio, ma non so chi ha detto che il viaggio più lungo è quello dalla mente
al cuore… di strada quindi ce n'è ancora tanta. Spesso però non serve viaggiare
per sentirsi nel viaggio, l'importante è guardare avanti e sapere anche quando
fermarsi.
Ringrazio tutti per avermi seguita fino
a qui, le prossime parole saranno in Italia.
G.
Sono arrivata davvero alla fine, la
permanenza in India è stata troppo breve, ho ancora nel cuore tanta voglia di viaggiare,
di andare a visitare i posti che tante persone mi hanno indicato, di sentirmi
ancora parte del viaggio.
Ho conosciuto un mondo totalmente
diverso da quello che ho sempre avuto sotto agli occhi in Italia e non si parla
di vita su altri pianeti, solo di mettere il piede oltre lo zerbino e scoprire
che non c'è il lupo cattivo.
Ho conosciuto persone giovani che sanno
cosa voglia dire essere giovane, cercare di fare esperienze vere, di guardare
questo nostro meraviglioso mondo senza la paura per il domani. Persone che
dedicano gli anni buoni della loro vita a viaggiare, a conoscere, a vivere e
poi un giorno certo si fermeranno, ma senza rimpianti, con un bagaglio di
emozioni che ogni volta che ci pensi danno un senso alla vita.
Persone con le quali parlare dei miei
sogni, senza che mi guardino storto come se fossi un alieno che sta cercando di
rubare qualcosa a qualcuno, solo perché non recita la cantilena a memoria.
Quanti non lo sanno che là fuori c'è un
mondo diverso da scoprire e soprattutto che non serve fare tanti chilometri per
scoprirlo. Basterebbe accostarsi alla vita in un modo nuovo, diverso, mettendo
in discussione le cose che ci hanno detto ma che non ci sembrano giuste o
logiche o utili e cercare di capire, cercare di provare, cercare di fare
propria la vita che nostra non sentiamo.
Quanti non lo sanno che là fuori c’è un
mondo e per scoprirlo basta smettere di segnare il passo senza pensare e uscire
finalmente da quella piccola finestra e dalle fila dell'esercito triste.
Quanti non lo sanno che non siamo qui
per arrivare il più velocemente possibile alla pensione, ma per vivere la vita
con gioia, per realizzare il nostro Sogno.
Il viaggio di ritorno è lungo ma davvero
profondamente dolce, non vorrei andare più in fretta.
L'aereo da Goa per Mumbai ha un ritardo
di ore, compro un paio di libri in inglese del mio autore preferito e mi
immergo in me stessa, in una me stessa che fa parte del mondo come non mai, che
sente la vita come non mai, che osserva, annusa, ascolta e intanto vive. E così
anche all'aeroporto di Mumbai, altre ore che mi cullano.
Sono seduta nella sala di attesa sudicia
e nel caos come all'andata eppure mi sento abbracciata.
Intorno a me ci sono persone di ogni
nazionalità, chi si annoia, chi si fa prendere dall'ansia forse per la tensione
del volo e picchietta il dito o ondeggia il piede innervosendo tutti gli altri.
Ed io sono qui, con il secondo libro in mano, i bagagli un po' distanti di cui
non mi curo, spensierata.
Mi volto, su una parete c'è un enorme
cartellone con raffigurata una città indiana e una scritta a grandi lettere:
INCREDIBLE INDIA
Di fronte, alcune donne corpulente in
Sari coloratissimi, stanno radunano con gran foga il loro bagaglio.
Scatto una foto.
Una dolce, quieta pausa in me stessa.
Sorrido.
Di Georgia Briata
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Come da bambino ti sei sentito amato, oggi ti sai amare e nella stessa misura sperimenti il denaro. Perché denaro e amore sono la stessa cosa. Hai bisogno di imparare ad amare te stesso, il fatto di creare prosperità è un effetto collaterale. Il viaggio verso una maggiore ricchezza materiale è in verità un percorso interiore di perdono delle emozioni, delle ferite e delle offese alla propria dignità, alla propria identità e al proprio valore.
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L'ALDILA' NELLA MORTE, L'ADILDA' NELLA VITA di Georgia Briata
Quando moriamo ci dissolviamo oppure entriamo nella nostra vera vita?
Chi sono gli angeli e i demoni ?
Lo scopo di questo libro è quello di portarti a ricordare il viaggio che hai già fatto nell'aldilà per rinascere in una nuova vita, così da rendere la morte un'amica. E di farti comprendere la nuova medianità di cui fai parte, perché avere dei doni medianici senza però saperlo, può rendere la vita una faticosa salita.
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L'ARTE DEL REALIZZARE IL SOGNO DELL'ANIMA di Georgia Briata
Un percorso interiore di liberazione spirituale che ti accompagnerà nel maestoso viaggio alla riscoperta del tuo valore, della tua missione per questa vita e della tua vera identità, da sempre nascosta dai tanti condizionamenti con cui sei cresciuto. Quest'arte ti aiuterà a comprendere, perdonare e lasciare andare il passato e a sentire la voce del tuo cuore.
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IL PERDONO ENERGETICO di Georgia Briata
Il Perdono Energetico è uno strumento semplice e potente, per ripulire le interferenze interiori che ci impediscono di ascoltare il nostro cuore e di ricordare chi siamo. Quando lasciamo andare il passato, siamo liberi di aprirci a noi stessi, agli altri e alla vita, in una nuova realtà dove la paura è finita. Con il Perdono Energetico, ripulisci la realtà dalle tue proiezioni e dal tuo sguardo distorto e filtrato, ti partorisci da solo e rinasci da te stesso, in una nuova vita, senza passato.
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IO TI VEDO, IO MI VEDO di Georgia Briata
Questo libro parla dell'energia femminile e del "Non essere vista" che di questa energia è la ferita principale. È ora di dare voce a tutte le tue parti invisibili che ti impediscono l’amore e l’abbondanza e di onorare il tuo corpo e tutta la stirpe femminile della tua storia. Questo è il tempo della dignità e della libertà di essere solo te stessa, di vivere la tua vita pienamente e soprattutto di vederti, per esistere veramente.
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MI VEDO, MI PERDONO, MI AMO di Georgia Briata
Perdonare i genitori e chi ci ha cresciuto significa ripulire tutti i programmi che ci hanno inculcato e tramandato, così da poter sviluppare la nostra vera forma. Non solo la tua famiglia, ma ogni persona è riflesso di una parte di te. Rappresenta un tuo blocco, un tuo talento, qualche tuo frammento che hai rifiutato o perso nel tempo. In questo libro imparerai a conoscerti, a integrarti e ad amarti attraverso i tuoi rapporti familiari e le altre persone.
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I partner sono il nostro specchio, ci dicono sempre a che punto siamo nell’amore verso noi stessi e come si muovono in noi l’energia maschile e l’energia femminile. Nelle mie parole spero che tu possa finalmente trovare le chiavi per liberarti dalle relazioni tossiche e dalle prigioni interiori di narcisisti, vampiri energetici e manipolatori, comprese quelle create dai genitori, per aprirti così a una relazione sana.
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IL GUSTO DELL'ANIMA - Diario di viaggio e di un sogno di Georgia Briata
Questa è la storia del Risveglio di un'Anima, la mia. Lo scoprire che la vita che facevo non mi apparteneva, i turbamenti, il cercare di comprendere lo scopo della mia esistenza e chi sono veramente. Fino ad arrivare, finalmente, a Realizzare il vero Sogno della mia Anima. Spero che le mie parole siano di conforto quando la fiducia vacilla.
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BASTA IL MARE di Georgia Briata
I sensi di colpa e la vergogna che impariamo da bambini ci fanno dimenticare i nostri sogni e il nostro valore. Le parole di questa favola per adulti vogliono aiutarti a ritrovare la strada per la felicità, per l'innocenza e per la libertà di essere te stesso. Ed ancora di più vogliono aiutarti a sognare di nuovo.
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