È la quarta volta che
vengo in Thailandia. Ogni volta che posso, che ho dei soldi, che ho delle
settimane, vengo qui. Ma spiegare il perché non è facile.
La prima volta è stata
nel 2007 ed è stata la linea di confine rispetto ad una vita che non sentivo
più mia. Lasciata quella vita, girato la Thailandia per quasi tre mesi, a
quella vecchia vita fatta di ufficio, routine, treno di pendolari, non sono più
riuscita a tornare.
(Se sei curioso di conoscere la mia storia, di come mi sono licenziata per inseguire il mio sogno, leggi "Diario di viaggio e di un sogno: Thailandia - India 2007)
Ma che cos’è la
thailandia per me?
Rappresenta quel luogo
dentro di me in cui tutto è possibile, in cui vive la magia, in cui avvengono i
miracoli, solo che lo vivo all’esterno, posso interagire con le cose, con le
persone, posso partecipare al miracolo, posso essere il miracolo.
Tutti hanno dentro di
sé un luogo del genere e tutti hanno nel mondo un luogo che corrisponde
esattamente a quello spazio interiore,
uno spazio in cui potersi guarire, conoscere, amare. Tutti hanno quel luogo
speciale, solo che non lo sanno perché magari non ci sono mai arrivati.
Ma io si.
Come si può vivere una
vita sapendo che quel luogo esiste e non fare di tutto per tornarci, almeno di
quando in quando?
Ma ancora di più, come
si può vivere senza trovare quel luogo?
Come si può vivere senza conoscere mai
quel se stesso felice, rilassato, sano, nel massimo potenziale, nel massimo
della fiducia?…
Come si fa?
O forse è meglio non
scoprirlo mai e continuare a credere di essere quello che ci hanno insegnato
che siamo?...
Non so se è il luogo, o
l’alchimia del luogo con la mia energia, ma dopo qualche settimana, spesso
addirittura dopo qualche giorno, il mio corpo inizia a cambiare, il mio viso,
la mia salute, tutto sembra tornare ad una sua ancestrale armonia, tutto inizia
a muoversi come secondo un’antica danza perfetta, semplice, fatta di piccole
cose dolci, pulite, sentite, che mi nutrono. E non è perché qui le
preoccupazioni sembrano appartenere ad un altro universo, ma perché qui nessuno
ha bisogno di essere niente di diverso da ciò che è, qui nessuno ha bisogno di
cercare di conquistare niente, di conquistarsi il diritto di vivere.
Eppure questa Thailandia
è sempre diversa, e così io.
Spesso mi trovo a
confrontare i ricordi di quella prima incredibile esperienza, con la realtà di
una Thailandia che è tutto tranne che perfetta, piena di fortissimi contrasti,
di giochi continui tra la luce e l’ombra dei thailandesi e della loro cultura.
Anche qui in Thailandia
c’è qualcosa che ogni volta sembra cambiare tutto completamente anche se è
magari un unico particolare, ma è quel particolare che improvvisamente riempie
tutto, oppure svuota tutto.
Come il thai coffee con il latte condensato, che 8 anni fa trovavo ovunque e poi è scomparso, come se non fosse mai esistito.
O i branchi di cani
selvatici che alle volte diventavano addirittura pericolosi, questa volta,
almeno qui a Koh phangan sono scomparsi e sono invece comparsi diversi
ristoranti vegani e scuole di yoga.
O ancora i fisherman
pants, i pantaloni thai che tradizionalmente vengono utilizzati dai pescatori
(da qui il nome), molto larghi che si adattano ad ogni taglia e ad ogni
statura, che prima erano esposti ovunque e quasi non si poteva acquistare altro,
e che ora sono stati sostituiti da pantaloni così variopinti da sembrare quasi
ipnotici.
E poi spiagge mozzafiato, snorkeling in una barriera
corallina non eccezionale, almeno quella che ho potuto vedere io nel nord, ma
sfondo di gradevolissimi tour in barchette così piccole che quando ti ci fanno
sistemare in 20, ti danno tante di quelle raccomandazioni (non alzarti, non
muoverti, non fumare… respirare?) da desiderare di farti il segno della croce,
ma ops, vietato anche quello sennò affonda.
… Bellissimo, un sogno, un paradiso. Ma questa non è la Thailandia
che conoscevo, che sono venuta a ritrovare. Il nord, ecco quello che cerco, il
verde della giungla, la pace dei templi, l’odore dei fritti.
Questo ritroverò da
domani, lasciando quest’isola e risalendo verso Bangkok e poi
Chiang Mai, e poi chissà. Ora so che non sono fatta per il paradiso, non mi ci
riconosco.
Ma ci ho messo un po’ a
capirlo… ci sono luoghi, energie, tempi, in cui è facile perdersi, fermarsi,
dimenticare che stavi viaggiando, che ti stavi muovendo verso qualcosa. Questo
mi è accaduto nelle ultime settimane, dovevo restare qui nel piccolo paese di
Sri Tanu al massimo dieci giorni, per fare il digiuno, recuperare le forze e
poi ripartire. Sola, come in tutti i viaggi che più ho amato. Ma poi qualcosa è
successo.
Le persone.
Ecco cosa mi è successo.
Di solito sono molto
gelosa dei miei spazi, del mio tempo, dei miei luoghi “sacri” in cui meditare e
ritrovare me stessa, per questo viaggio da sola, ma questa volta l’unica disponibilità per dormire all’Orion Center era il dormitorio , e mi sono detta:
<<Perché no? Devo
rimanere solo pochi giorni>>.
E addirittura per
giorni eravamo solo due in uno stanzone per 14.
<<Che fortuna mi
dicevo>>. Come sbagliavo.
Pian piano il digiuno
finiva e i letti si riempivano. E così il mio cuore, che svuotandosi da vecchi
ricordi ha iniziato a fare spazio a nuovi visi, nuove parole, nuovi abbracci.
E così queste persone
sconosciute, nel dormitorio come nei luoghi comuni in cui il cibo e la mancanza
di cibo sembravano essere gli unici discorsi di “peso”, sono diventate la cosa
importante.
Prima l’osservare le stranezze e le singolari inclinazioni di
ognuna, con curiosità mista a fastidio, imparare pian piano ad apprezzarle e
poi addirittura ad amarle… per vedere che quelle stesse stranezze potevo
accettarle in me stessa, sentirmi libera e autorizzata ad esprimermi senza la
sensazione di invadere gli spazi degli altri, con il piacere di avvertire che
l’invasione altrui nei miei momenti, era in verità un enorme dono.
Ora so che uno dei
motivi per cui amo così tanto la Thailandia è che quando sono qui l’unica cosa
importante sono gli altri. Tutti quegli altri che mi circondano. Il tempo è
speso non tanto nell’osservare e vivere i luoghi, per quanto meravigliosi, quanto
ad ascoltare le persone, a condividere esperienze, emozioni, paure e sogni.
Ecco cosa manca nella vita di ogni giorno, questo contatto vero, semplice,
spontaneo. Il tempo di parlare per parlare, per ascoltare, per conoscere davvero.
E se è vero che nessun uomo è un’isola, a volte è proprio un’isola che può
aiutare a ricordare che cosa questo significhi.
E così, dopo alcune
settimane comprendo che quello che ogni volta torno a cercare qui in Thailandia,
non è il luogo che anni fa ho visitato e lasciato, ma una persona che qui ho
conosciuto, che mi ha sorpresa, che ho amato. Ed è quella persona che ogni
volta torno a cercare perché spesso a casa mi dimentico che volto abbia. Qui, lasciando
andare tutto ciò che credo di dover trattenere per non sentire mancanze ma che
in realtà crea solo eco nel vuoto, qui ritrovo quella persona, ne ricordo il
nome, ne rivedo il volto, ed è il mio.
Per vedere tutte le foto di Koh Phangan clicca qui: ALBUM
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Anche tu la Thailand addiction ... brutta malattia. In agosto sarà la 12 volta per me.
RispondiEliminaBrava ... bel blog. Ci sto provando anche io a scrivere ...
E' una malattia gravissima lo so, della serie:
RispondiEliminaciao, sono Georgia, e sono Thailand addicted... ahahaha
:-) se ti fa piacere inviarmi qualche tuo scritto di viaggio lo pubblico volentieri! di sicuro in questo blog la thailandia farà da padrona di casa...