BANGKOK, Thailandia, 9 Aprile 2015

Eccomi alla fine del mio viaggio.
Lascio il centro della città per avvicinarmi all’aeroporto perché il mio volo sarà molto presto domani mattina.
Ho trovato un albergo piuttosto economico, considerata la comodità rispetto all’aeroporto che dista solo 10 minuti di macchina.
Si chiama Nest Boutique Resort (www.nestboutiqueresort.com)

Ero un po' prevenuta perché le recensioni su internet non erano il massimo. Chi diceva che è troppo misero, chi che le stanze sono piccole, chi che vicino non c’è nulla e che quindi sei costretto a stare solo lì. 
"Dopo tutto sono le ultime ore", mi dico, "Sopravviverò".

Ma già dal taxi ho capito che davvero il mondo è bello perché è vario. Non solo ho trovato la camera sontuosa rispetto a quelle a cui sono abituata, sotto tutti i punti di vista, ma a 5 minuti a piedi c’è un quartiere, o un piccolo villaggio (qui non capisco mai la differenza), con alcuni negozi, un paio di ristorantini e un centro benessere. Tutto incredibilmente thai, molto più di tutti i luoghi in cui sono stata in questi due mesi. 

Alla fine del mio viaggio, quasi per errore o forse perchè davanti all'idea di trovarmi nella scomodità mi sono arresa, ho trovato la Thailandia che cercavo.

Sono l’unica turista in giro, i bambini mi chiamano e ridono curiosi, le persone mi salutano sorridendomi e fissandomi come se fossi uno spettacolo inconsueto. 

Ma com’è possibile?
Eppure ci sono diversi alberghi... i clienti, tutti chiusi nelle stanze troppo “strette”, sono troppo presi a lamentarsi per avventurarsi fuori dal viaggio organizzato?

Mentre passeggio curiosando qua e la, vedo un piccolo ristorante all’aperto come piace a me, con pochi tavoli e tante piante. Mi avvicino e una ragazza thai sorridente ed espansiva mi fa accomodare. 
Pranzo con uno splendido pa nang curry, mentre un merlo in gabbia mi osserva emettendo urletti striduli e le poche persone della zona passano lente in bicicletta, come se non ci fosse alcun posto in cui devono arrivare. 

Nel pomeriggio la stessa ragazza che mi ha preparato il pranzo, mi fa un incredibile massaggio thailandese, da vera maestra, ed io mi chiedo:

Ma com’è possibile che qualcuno con un dono così speciale, viva in un posto sperduto dove quasi nessuno può beneficiare della sua sapienza?! 
È possibile che un fiore faccia risplendere il mondo anche se nessuno lo vede? 
Di sicuro ha reso luminosa la mia giornata... 
e il resto del mondo, beh, forse un giorno imparerà ad uscire fuori da quelle stanze strette…

C’è un grande tempio dal quale posso sentire i canti dei monaci alzarsi a gran voce, con statue del Buddha e di divinità indù accostate le une alle altre. E come sempre, a respirare incenso e pace mi sento accolta, mi sento a casa.

Questa Thailandia, questo viaggio, come ogni volta mi hanno profondamente cambiata. 
Magari non in cose troppo evidenti, a parte l’improvviso amore per i cibi piccanti, ma vedo nei miei occhi degli sguardi nuovi, nella mia mente dei pensieri nuovi, nei miei movimenti dei gesti nuovi. 

Tutti i viaggi sono così, tutti i luoghi, tutta la vita.
Puoi avvicinarti e basta, difendendo quello che sai di te, quello che credi di essere e che non sei disposto a cambiare, quello che credi di avere e non sei disposto a lasciare andare. 
Ti avvicini e basta, ai luoghi, alle persone, alla vita, sperando che non ti portino via niente, che ti scalfiscano appena un po’, che restino fuori dalla porta.

Oppure puoi spalancarla quella porta per far entrare luce, persone e vita. 
Puoi lasciarti travolgere fino a non sapere più che sapore avesse la tua storia di prima, mentre la vivevi pensando ad altro. Che volto avessi tu mentre ti osservavi allo specchio pieno di pensieri che non volevi avere. 


Lasci che tutto entri, in quella stanza che stretta in fondo non era, e può contenere l’universo intero e cambiarlo e rovesciarlo e ripulirlo, fino a restituirti un te stesso diverso. Un te stesso nuovo che forse sopravviverà in quello specchio giusto il tempo del ritorno a casa, ma che per anche un solo sguardo così vero, spensierato e felice che ti fissa attraverso lo specchio ora, è valsa la pena prenderlo 1, 10, 1000 volte quel volo di andata.

Faccio ancora qualche passo fino a raggiungere il ponte che avevo intravisto dal taxi. Sugli argini del fiume ci sono piccole abitazioni su palafitte, una fermata per le lunghe e sottili barche che fungono da bus, bambini che giocano e vendono pane secco da buttare agli enormi pesci e farli saltare fuori dall’acqua.

Ferma sul ponte osservo l’acqua che scorre lenta, il sole inizia a tramontare colorando il cielo e il fiume, il vento muove delle bandiere accanto a me. Poco più in la vedo il tempio e le persone in bicicletta, i piccoli negozi pieni di oggetti indecifrabili, i sorrisi dei ragazzini thai che tornano da scuola. 
Seguo con lo sguardo l’unica strada che porta al piccolo villaggio, al ristorante pieno di piante con il merlo che ti osserva mentre mangi, al centro massaggi, ai pochi metri in cui terminano i negozi e ci sono piccoli chioschi di venditori ambulanti e muretti pieni di bouganville che conducono fino al mio albergo.

Ripenso alla recensione su internet che diceva, stizzita, che vicino all’albergo non c’è niente. 
Riguardo tutto ciò che mi circonda e tra me e me penso:

Caro amico ognuno la pensa come crede, tu questo lo chiami niente, ma io questo NIENTE lo chiamo Thailandia.

Questo NIENTE io lo chiamo VITA.


Per vedere tutte le foto clicca qui: ALBUM
Leggi post precedente: CHIANG MAI, 31 Marzo 2015


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